A cosa serve una pianta?
A cosa serve questa pianta? E’ una domanda che ci viene fatta spesso, a cui è terribilmente divertente rispondere e ha radici lontane: gli orti botanici stessi sono nati in chiave utilitaristica, dovendo fungere dapprima come casa per le piante necessarie a medici o farmacisti e poi come porta d’ingresso per tutte quelle “piante utili” a commerci, cucine, industrie e artigiani che abbiamo importato da paesi lontani. Si può dire che la disciplina fondante dei primi orti botanici del passato sia stata la cosiddetta Economic Botany, più che il desiderio di scoprire e conoscere il mondo che ci circonda.
Si tratta di una domanda innata e inevitabile, ma ben irrigata nei secoli. Da qualche tempo però a questo interrogativo se ne affiancano altri e aumentano le persone interessate a capire come funzioni una pianta, quale sia il suo posto nel mondo. Non basta sapere “cosa può fare questa pianta per me”, ma serve farsi e rispondere alle domande “cosa ci facciamo assieme qui io e lei?” e “come fa lei a sopravvivere?”.
Se vogliamo, questo piccolo cambiamento è una delle chiavi del recente successo anche culturale delle piante, del dibattito filosofico sulla loro sensibilità, dei libri sulle loro strategie di sopravvivenza e dell’interesse talvolta quasi politico per la loro essere “altre” rispetto a noi. Da oggetto di sfruttamento sono diventate un po’ più prossime a un nuovo vicino di casa, nuove concittadine con cui far strada assieme, magari anche scoprendosi diversi e trovando con la reciproca conoscenza il modo ideale per convivere.
Insomma: non chiedeteci solo cosa potrebbe fare una pianta per voi (ve lo diremo comunque), ma chiedete anche cosa abbia portato quella pianta a stare qui con noi ora.