la mosca della sambuca
La mitologia che ruota attorno alla sambuca “con la mosca” vuole che, durante le riprese romane de La Dolce Vita, gli attori si divertissero lanciandosi di nascosto chicchi di caffè nei bicchieri pieni di superalcolico all’anice. Per scatenare la repulsione del malcapitato di turno, ovviamente.
In posti meno glamour ma più vicini a noi genti ruspanti, ci sono piante amanti di un gioco simile. Si tratta di piante note per altri colori e altre forme, che di solito osserviamo dal fruttivendolo e che poco apprezziamo in un prato, relegandole quasi allo status di erbaccia. In natura le carote selvatiche producono infatti radici piccole e non arancioni, ma creano anche vistose infiorescenze a ombrella. Tutte bianche, ma spesso decorate al centro da un piccolo gruppo di fiori modificati, tinti di un viola così intenso da apparire nero, proprio come una mosca.
Dato che in un piatto poco cupo poco pepe cape, quel punto nero su sfondo bianco ha attirato l’attenzione di molti (anche di Charles Darwin) e dato spazio a più ipotesi circa la sua funzione. Serve a imitare una mosca a riposo, per far planare altri insetti da ingannare a fini impollinatori? Serve a imitare un insetto predatore, per scatenare la repulsione di parassiti della carota? Non serve a niente di preciso, come diceva Darwin?
Pare che serva a qualcosa, come tutto ciò che l’evoluzione non ha ancora eliminato. Al bar della carota selvatica si siede spesso un moscerino un po’ impiccione e rompiscatole, che depone le sue uova proprio nei fiorellini bianchi, provocando la formazione di galle che ovviamente disturbano la pianta. Galle nere, grosse più o meno (guarda caso!) come una mosca. L’ultima ipotesi è che quei fiori scuri nel centro dell’ombrella della carota servano a confondere le idee al moscerino, convincendolo a cercare luoghi in cui i suoi simili ancora non sono arrivati.
Stando alle prove, la “mosca” della carota funziona: nelle piante in cui il punto nero spicca i moscerini passano oltre, cadendo nel tranello, lasciando alla pianta la sua Dolce Vita e regalando a chi ama le “erbacce” una storia in più da raccontare.