Nonostante la modesta estensione (11.000 mq), l’Orto ospita piante provenienti dagli ecosistemi più diversi e con le caratteristiche più disparate. Al di là del pregio naturalistico ed estetico, ciascuna di esse è una finestra aperta su infinite storie scientifiche, culturali, moderne e antiche, capaci di rinsaldare l’eterno legame tra uomini e vegetali.
Come ogni orto botanico, anche il nostro incarna un aspetto insito nel mondo vegetale: l’ibridazione. Si tratta di un luogo in cui gli elementi storici, scientifici, culturali, ambientali, emotivi ed estetici si intrecciano a formare un unicum, in cui ciascun elemento è indissolubilmente legato agli altri. Questo si osserva in modo esemplare nella disposizione e composizione del giardino, in cui si compenetrano le forme rigorose dell’impianto centrale all’italiana con quelle più libere dell’arboreto e nel quale l’operato dell’uomo ha nel tempo alterato, amplificandole o mascherandole, geometrie, disposizioni e messaggi.
Ubicato in fregio al centro storico della città, l’Orto occupa la medesima superficie del tempo della sua fondazione. La parte centrale antistante alle serre conserva l’aspetto di giardino all’italiana come nel progetto settecentesco, l’arboreto creato tra Ottocento e Novecento occupa ancora la parte orientale, mentre il giardino situato nella parte occidentale prossima a Viale Farini è stato ricreato secondo la moda inglese includendo un’area umida. I giardini sono però luoghi vivi e in quanto tali si trasformano con l’età e con le esperienze. Le porzioni con fini più estetico-formali hanno subito graduali modificazioni secondo le mode del tempo, a cui si sono sommate le vicissitudini, gli eventi avversi e tutto ciò che nell’esistenza dei viventi porta a esprimere i tratti del carattere e dell’esperienza. Questo è il caso del giardino all’italiana, il cui disegno è stato progressivamente contaminato dalla messa a dimora di arbusti e alberi che ne alterano la leggibilità storica. Tutte le zone hanno goduto di variazioni programmate, come la creazione di un laghetto artificiale o l’introduzione di nuove piante, così come hanno subito trasformazioni dovute alla stratificazione delle attività umane o a perdite, anche dolorose (ad esempio quella dell’olmo deceduto e abbattuto nel 2018 dopo quasi 200 anni di vita).
Nel prossimo futuro queste tre aree saranno gradualmente rese più riconoscibili, connotando l’arboreto come un habitat il più possibile prossimo a quelli naturali, il giardino all’italiana come struttura formale a forte impostazione storico-culturale e il giardino all’inglese come esempio di paesaggio in cui esigenze umane ed ecologiche trovano un loro equilibrio sostenibile.