Chi impollina i ciclamini?
Da alcune settimane è arrivata in Orto una collezione di ciclamini botanici, ovvero non selezionati come ornamentali ma di diretta origine naturale. Per potervela raccontare abbiamo dovuto studiare un po’, scoprendo cose nuove.
Ad esempio, fiori dei ciclamini hanno una biologia che sfida alcuni stereotipi sull’impollinazione. Presentano tutte le caratteristiche utili alla cosiddetta buzz-pollination, un sistema di rilascio del polline indotto da precise vibrazioni emesse ad esempio da bombi e api solitarie: la vibrazione delle loro ali a una precisa frequenza, provoca l’esplosione delle antere, “sporcandoli” così del polline che porteranno a spasso.
Quando però i biologi si sono pazientemente messi davanti ai fiori del ciclamino per controllare chi entra e chi esce, si è scoperto che solo di rado le grandi api solitarie del genere Anthophora li visitano. Gli impollinatori più frequenti sono tripidi e sirfidi, piccoli insetti incapaci di buzz-pollination e spesso addirittura dannosi per le piante, che sgranocchiano e perforano allegramente. Nelle popolazioni a fioritura invernale, il visitatore più comune è Micropteris elegans, una piccola falena primitiva che addirittura si nutre di polline deponendo per giunta le sue uova all’interno dei fiori, danneggiandoli. Non sembrerebbe un buon partito per i ciclamini, eppure è il loro miglior Cupido.
Questo suggerisce che il genere Cyclamen si sia co-evoluto con api di grandi dimensioni, perdendo però i suoi impollinatori originali per estinzione. La struttura del fiore è ancora quella che premiava l’arrivo di insetti scomparsi, eppure il ciclamino non si è estino. La lacuna è stata infatti colmata da consumatori di polline non specializzati e sulla carta pericolosi, i cui danni evidentemente non superano il vantaggio dato dall’impollinazione. Anche se non vedrete mai api ronzare attorno ai ciclamini, comunque ne troverete i frutti sferici alla fine della stagione, appesi ai loro buffi peduncoli a molla.
Morale tra biologia ed Esopo? Ogni tanto cedere qualcosa di prezioso e accettare qualche perdita può offrire dividendi accettabili.